venerdì 28 agosto 2015

Pole Pole 85


Cap. IV    Dal Monte Kenya al Lago Vittoria

           Uso il verbo passato di proposito, perché due anni fa l’ospedale è stato ceduto a una congregazione di suore indiane residenti in Kenya, sia per il venir meno di vocazioni  italiane e sia per il rispetto  alla Regola del   Beato Giuseppe Allamanno, fondatore dei Missionari della Consolata, che prevede la cessione delle strutture missionarie   ai locali, una volta che se ne siano verificati i presupposti.


Andrea Moiraghi


giovedì 20 agosto 2015

Pole Pole 84






           Cap. IV    Dal Monte Kenya al Lago Vittoria


 Era il classico ospedale missionario per gli indigenti, che in quegli anni nella capitale aumentavano a dismisura, molti dei quali erano forestieri provenienti dalle aride campagne in cerca di fortuna in città. In poco tempo era divenuto uno dei più rinomati ospedali del Kenya, grazie sì alla bravura e alla dedizione delle suore della Consolata, ma anche ai validi medici italiani che il governo del nostro paese inviava tramite le cosiddette Ong (organizzazioni non governative), fra cui il Comitato di Collaborazione Medica di Torino, a cui ci appoggiamo nel nostro lavoro.

Andrea Moiraghi

giovedì 13 agosto 2015

Pole Pole 83







             Cap. IV    Dal Monte Kenya al Lago Vittoria




          “Ma da queste parti c’è il Nazareth Hospital” saltò su Dino, svegliando Pauline che si era addormentata e il sottoscritto che si stava assopendo. Detto e fatto, si decideva di far rotta sul Nazareth, come lo chiaman tutti, dove ci avrebbero sicuramente consentito di passare la notte. Il Nazareth Hospital era il principale ospedale dei Missionari della Consolata in Kenya, nato negli anni sessanta alcuni chilometri a nord di Nairobi, fra colline di tè e caffè , in sostituzione di un vecchio dispensario non più idoneo al caso.

Andrea Moiraghi
 





venerdì 7 agosto 2015

Pole Pole 82


Cap. IV    Dal Monte Kenya al Lago Vittoria


          Io in verità  avrei voluto rientrare alla base quella notte, ma Dino saggiamente si opponeva e decidemmo quindi di pernottare in qualche albergo di Nairobi, lontano ancora più di cento chilometri. La distanza non era più molta, ma la strada, nonostante fosse asfaltata, era costellata di buche che ci costringevano a continui rallentamenti e spericolate gincane: erano più buche che asfalto. Dopo due ore abbondanti, quasi tre, finalmente vedemmo le luci di Nairobi in lontananza e un cartello: Kiambu.


Andrea Moiraghi